17/05/2008

Soggetto choc, stile chic. Si apre con una morte da overdose e prosegue in un'atmosfera da requiem: Better Things [+leggi anche:
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scheda film], opera prima dell'inglese Duane Hopkins, ha rivelato oggi, in competizione alla Settimana Internazionale della Critica, un giovane regista dalla sensibilità cinematografica al di sopra della media.

Sulla scia dei suoi due pluripremiati cortometraggi (tra cui l’EFA 2004 per Love Me or Leave Me Alone), Duane Hopkins ha ambientato il suo film corale (la sceneggiatura è sua) in un villaggio del Cotswolds, nel Centro-Ovest dell'Inghilterra, e si è avvalso per la maggior parte di attori non professionisti. Incrociando abilmente cinque racconti, Better Things parte da una citazione ben esplicativa del clima del film: "La vita vera era difficile nel migliore dei casi".

Centrato sull'universo di alcuni adolescenti che tentano di sfuggire al vuoto della realtà quotidiana attraverso la tossicodipendenza (con Liam McIlfatrick nel ruolo principale), l’agorafobia (Rachel McIntyre) o gli amori senza futuro, il lungometraggio ha trama e dialoghi minimalisti, e racconta allo stesso tempo anche la generazione dei nonni (una donna in fin di vita e una vecchia coppia in crisi di comunicazione).

Vero e proprio documentario sulle droghe, il film brilla sul piano della regia. Dalla padronanza dei cambiamenti di ritmo lavorati al montaggio a una riuscitissima estetica fatta di luci naturali, Duane Hopkins svela un'originalità e un talento che con tutta probabilità confermerà anche in futuro.

Prodotto dai britannici di Third Films in coproduzione con i connazionali di Wellington Films e Brocken Spectre, e i tedeschi di Flying Moon Filmproduktion, Better Things (la cui sceneggiatura ha vinto il Premio Media Festival di Cannes 2004) ha beneficiato del sostegno di UK Film Council e di Film Four. Venduto all'estero dalla società francese Celluloid Dreams, sarà distribuito in Francia da Memento e nel Regno Unito da Soda Pictures.

(Tradotto dal francese)