Gaglianone a Sarajevo e Srebrenica
A quattro anni dal suo ultimo lungometraggio, Nemmeno il destino, e dopo la parentesi teatrale con il gruppo ilBuioFuori, l'anconetano (ma torinese d'adozione) Daniele Gaglianone riparte dal documentario: e con Rata neće biti - Non ci sarà la guerra torna al Festival di Locarno ("Ici & Ailleurs"), che nel '95 lo premiò per il corto L'orecchio ferito del piccolo comandante.
Girato nel corso di cinque viaggi in Bosnia-Erzegovina, il più recente nell'aprile scorso, il nuovo film (prodotto da Gianluca Arcopinto e BabyDoc Film, con il sostegno del Piemonte Doc Film Fund) è nato – si legge nelle note di regia – "dal desiderio di raccontare un luogo e una tragedia che tuttora rappresentano un vuoto ed un interrogativo per l'Europa".
Un'opera fluviale (montata da Enrico Giovannone) che vuol dare allo spettatore il tempo di vedere, ascoltare e riflettere: poco meno di tre ore, per ripercorrere cinque vicende individuali che partecipano dell'incubo collettivo del conflitto jugoslavo.
Una guerra ancora presente, che "si ostina a segnare i giorni, le parole, i volti di chi, nonostante tutto, vive". Come i protagonisti del film: il ventottenne Zoran, che sogna la Sarajevo della sua infanzia; Saša, arroccato ai propri ideali nazionalisti; Aziz, l'ex soldato bosniaco scampato al massacro di Srebrenica; Mohamed, che da quello stesso eccidio si salvò fuggendo tra i boschi dove oggi pascola il suo gregge; e Hajra, che ha ritrovato i resti del marito in una fossa comune, ma non ha più avuto notizie di suo figlio.
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