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FESTIVAL Italia

Sbirri e droga, tra realtà e fiction

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E’ un’operazione insolita e abbastanza coraggiosa, soprattutto per un colosso distributivo come Medusa Film, quella realizzata dal regista televisivo Roberto Burchielli in complicità con il protagonista e produttore Raoul Bova.

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, presentato in anteprima nazionale al Festival del cinema europeo di Lecce (31 marzo – 5 aprile), è infatti un progetto nato per il piccolo schermo (Mediaset) e girato con un linguaggio inconsueto - camera digitale a spalla, lunghi piani-sequenza e soprattutto un difficile mix tra fiction e realtà – e poi elevato al rango di film cinematografico in uscita in ben 200 sale dal 10 aprile con Medusa. Al centro della narrazione c’è l’attività dell’U.O.C.D., Unità Operativa Criminalità Diffusa della Squadra Mobile di Milano - un pugno di agenti in borghese che quotidianamente combattono contro lo spaccio di droga – che si intreccia con la vita privata e professionale del giornalista Matteo Gatti (Raoul Bova): ha appena perso il figlio 16enne per una pasticca presa in discoteca e vuole capire, attraverso il suo lavoro, come sia successo.

La novità di Sbirri sta proprio nell’intreccio tra la finzione delle scene familiari del protagonista e la realtà delle azioni di polizia degli agenti tra cui si confonde, riprese mentre accadevano. “Tutto ciò che si vede sullo schermo è stato vissuto in prima persona, dalle azioni di polizia agli interrogatori – assicura il regista Roberto Burchielli – Abbiamo potuto farlo perché abbiamo cancellato i volti delle persone coinvolte, per garantirne la privacy ma anche perché ha più impatto non vedere i loro volti: è come se la droga li avesse cancellati”.

Un intreccio linguistico che però va a discapito della fiction, che sembra davvero troppo costruita, nonostante regista e attori (gli altri sono Simonetta Solder, Luca Angeletti e il giovane Alessandro Sperduti) assicurino che sul set non esisteva copione.

(Tradotto dall'inglese)

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