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Luis García Berlanga, regista

Intervista

Intervista realizzata al regista spagnolo nel corso della retrospettiva a Roma nell'aprile 2003

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di Mazzino Montinari e
Federico Greco

Nei mesi di aprile e maggio, Roma celebra Luis Garcia Berlanga. All’ottantaquattrenne regista spagnolo, l’Istituto Cervantes ha voluto dedicare un’ampia retrospettiva.
A parte i riconoscimenti internazionali e l’esser stato un esempio per i registi iberici del dopoguerra, il lavoro di Berlanga riveste una particolare importanza perché ha attraversato più di mezzo secolo della storia spagnola ed europea. Un cinema dai contenuti sociali che ha trovato la sua espressione più alta in forma di satira.
Berlanga ha iniziato ad occuparsi di cinema studiando insieme ad un altro grande maestro del cinema spagnolo, Juan Bardem, e ha esordito alla regia con Benvenuto Mister Marshall nel 1952. Un uomo solitario, come lui stesso ama definirsi, che ha realizzato il suo ultimo film nel 1999, Paris Tombuctu con Michel Piccoli. Come nel più celebre El Verdugo del 1963, anche nella sua ultima pellicola Berlanga ha preso di mira i vizi della società borghese con un’impareggiabile vena dissacratoria.

Dal suo film d’esordio è passato più di mezzo secolo. E’ cambiato qualcosa nel suo modo d’osservare e criticare la realtà?
“Non direi. Quello che ha sempre destato la mia attenzione e curiosità è la solitudine dell’uomo e la sua fallimentare ricerca della libertà. Ad esempio, attraverso l’uso costante del piano-sequenza ho messo in scena una pluralità di individui che parlano senza ascoltare. La società che compare nei miei film è ostile, è fatta di persone che cercano di sovrapporre la loro voce a quella del prossimo. Ho continuamente ripreso i vizi della moderna borghesia, i fallimenti di chi possiede desideri che immancabilmente non riesce a soddisfare”.

Oggi il suo sogno è quello di veder sorgere ad Alicante la Città del Cinema.
“Sono trent’anni che aspetto di veder realizzato questo progetto. Lo scopo della Città del Cinema è quello di rigenerare l’industria cinematografica spagnola caduta in disgrazia per colpa dello Stato e della mancanza di infrastrutture. Per ottenere ciò, è necessario avere a disposizione teatri di posa come accade a Cinecittà e scuole finalizzate all’insegnamento dell’arte in generale”.

Eppure in questo momento il cinema spagnolo sembra godere di buona salute.
“Fortunatamente, in Spagna è in corso una rinascita grazie alla capacità dei giovani registi di esprimersi secondo più generi. I nuovi autori hanno il coraggio di raccontare storie attraverso modalità narrative e cinematografiche diverse tra loro. Tutto questo però non basta e spero tanto di poter vedere con i miei occhi la nascita della Città del Cinema”.

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