email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Alejandro Amenábar • Regista

"Tendo più verso il thriller che non alla commedia"

di 

- SAN SEBASTIÁN 2015: Alejandro Amenábar inaugura il Festival di San Sebastian con Regression, intenso thriller psicologico che richiama lo stile narrativo del cinema americano degli anni '70

Alejandro Amenábar  • Regista

Alejandro Amenábar inaugura il 63. Festival di San Sebastian con Regression [+leggi anche:
recensione
trailer
making of
intervista: Alejandro Amenábar
scheda film
]
, intenso thriller psicologico che richiama lo stile narrativo del cinema americano degli anni '70. Abbiamo incontrato il regista:

Cineuropa: Si dice che Regression sia il suo ritorno al thriller, ma non lo ha mai abbandonato del tutto…
Alejandro Amenábar: Sì, me lo chiedono spesso: ci sono registi che tendono naturalmente alla commedia e io tendo, come spettatore e come regista, al mistero e al thriller. Per me è stato logico. E’ vero che è un ritorno ai miei primi film, a Tesis e The Others; infatti, ho voluto fare un film di terrore puro e semplice, forse perché da spettatore quale sono, faccio sempre il film che mi piacerebbe vedere in sala. Mi piace questo genere, ma è difficile trovare buoni film del terrore e, alla fine, come sempre accade, finisci per deviare e mescolare ed è uscito fuori una specie di film psicologico combinato con il dramma.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ha girato Agora [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
a Malta e ora Regression in Canada.
Girare in Canada è più facile che a Madrid, perché si concepisce il cinema in modo diverso: c'è rispetto... Qui manca una politica riguardo alle produzioni che vengono da fuori nel nostro paese, e la Spagna potrebbe essere un set meraviglioso. Il fatto che Pompeya sia stato girato a Toronto invece che in Spagna dimostra come stanno le cose qui. Toronto è un set gigante: mezza Hollywood gira lì ed era il posto migliore per farlo. Hai sgravi fiscali, ogni tipo di aiuto e una predisposizione e un rispetto per ciò che è questa professione. Mi è mancata l'energia, la sensazione di essere in famiglia e la professionalità dei tecnici spagnoli, perché ne abbiamo tanti bravi: abbiamo potuto portarne alcuni, perché gli altri dovevano essere canadesi.

In che percentuale?
Praticamente ti obbligano a girare con una squadra tecnica canadese. Ci siamo portati Sonia Grande (costumista), Daniel Aranyó (direttore della fotografia), il nostro aiuto operatore e il direttore di produzione; la post-produzione l’abbiamo portata in Spagna.

Il cast è internazionale, con una parte europea.
E’ quasi tutto canadese, tranne Ethan Hawke e la nonna di famiglia, Dale Dickey, che sono americani. Il resto è britannico (Emma Watson e David Thewlis) e svedese (David Dencik): attori europei che parlavano perfettamente inglese con accento americano.

Girare in inglese… E’ la terza volta per lei dopo The Others e Ágora.
E’ più complicato che farlo in spagnolo, perché non parli nella tua lingua madre. Ci sono termini tecnici che non controllo ancora bene, ma poi dico al direttore della fotografia quello che voglio e lui lo traduce a tutta la squadra. Però con gli attori ci sono sottigliezze che puoi gestire in castigliano, ma non in inglese: un po’ più difficile, ma si può fare.

Ha detto che questo film è girato sulla scia di Sidney Lumet e di altri registi americani del suo decennio: film tranquilli, calmi e in cui le informazioni sono dosate poco a poco. Ma ora il pubblico è abituato a un altro ritmo, più vertiginoso: questa decisione che ha preso non è quindi un rischio?
Sì, lo so, ma è un film, in questo senso, telegrafico. Non volevo un film denso: non ci sono prodezze di montaggio o con il suono, né effetti speciali, ma volevo che la trama A portasse a B e questa a C, volevo che fosse emozionante. Per questo penso che gli spettatori non si annoieranno e potranno seguire la storia facilmente, perché non ci sono tante sottotrame, ma una sola principale. Penso anche che sia uno dei miei film con più musica, perché non potevamo fare un film impostato come lo era negli anni ‘70 La conversazione, pellicola di Coppola che amo, perché il pubblico oggi non lo sopporterebbe. Penso anche che a volte un altro ritmo sia apprezzato e consenta agli spettatori di entrare meglio nella storia che racconti. Quello che mi tormenterebbe di più è che un film come Regression possa annoiare la gente.  

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dallo spagnolo)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy