email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Erik Poppe • Regista

Da Giulietta a Juliette

di 

- A Thousand Times Good Night e il quarto lungometraggio del regista e fotografo di guerra Erik Poppe.

Erik Poppe  • Regista

Dopo la trilogia Schpaa (1998), Hawaï, Oslo [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
 (2004) e Troubled waters [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
 (2008), il regista norvegese Erik Poppe presenta quest'autunno il suo quarto lungometraggio, A thousand times good night. Co-sceneggiato con Harald Rosenløw Eeg, il film è una coproduzione tra Paradox (Norvegia), Zentropa International (Svezia) e Newgrange Pictures (Irlanda). Con protagonista la star francese Juliette BinocheA thousand times good night [+leggi anche:
trailer
intervista: Erik Poppe
scheda film
]
 ha ottenuto il Gran Premio della Giuria al Festival di Montreal.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Cineuropa: A thousand times good night. Perché questo titolo?
Erik Poppe:
Volevo un titolo poetico carico d'emozione, un titolo aperto, che intrigasse un po'. Ho quindi scelto una citazione presa in prestito da Romeo e Giulietta di Shakespeare, una frase pronunciata da Giulietta. Spesso, troppo spesso, Rebecca, la protagonista della mia storia, che è fotografa di guerra, come lo sono stato io, deve dare la buonanotte ai suoi figli al telefono o via Skype, perché fa un mestiere che la tiene lontana dalla sua famiglia, in zone pericolose. E' una buonanotte/arrivederci che spera sempre non sia un addio.

E' un film d'amore?
Sì, amore per la famiglia e anche per il lavoro, per quello che si considera la propria missione. Difficile conciliare i due, spesso è un doloroso dilemma. E' difficile dover scegliere, perché la vita è molto complessa e in fondo, tutto quello che vogliamo è restare in vita. Come fai a sapere se la tua scelta è giusta o sbagliata? Diciamo che ho un debole per coloro che fanno scelte sbagliate.

La storia di Rebecca è la sua?
E' la mia storia per diversi aspetti, è vero. Le discussioni in famiglia, le separazioni, le ho vissute. Certe frasi dei dialoghi sono state veramente pronunciate dai miei figli. Ho preferito che il personaggio principale fosse una donna, perché mi sembra che questo genere di dilemma sia più manifesto quando è una donna a confrontarcisi.

Perché ha scelto Juliette Binoche?
E' un'ottima attrice, appassionata e coraggiosa. Pensavo che il ruolo andasse bene per lei. Da un'altra parte, ho avuto la fortuna che lei fosse disponibile e che amasse i miei film. Ci siamo scelti a vicenda. Non amo molto gli attori che sono pronti a tutto per avere un ruolo, a scapito della loro dignità, della loro integrità.

Lei si sente ancora fotografo di guerra?
Non mi sono mai sentito fotografo di guerra, bensì un testimone, un narratore in una situazione privilegiata, perché ci si rivolge a un pubblico desideroso di essere informato. Scattavo foto, ma scrivevo anche. Ora faccio film e, come prima, mi interessa progredire, migliorarmi, osare porre le questioni più scomode, senza preoccuparmi del politicamente corretto. Sento un ritorno di interesse per i film politici.

Si possono ammirare le sue foto in qualche mostra?
No. Non penso che quello sia il loro posto. Innanzitutto, non amo le retrospettive, né dei miei film né delle mie foto. Una volta passata la prima, rifuto di rivedere i miei film. Quanto alle foto, ho sempre desiderato che disturbassero i lettori dei magazine che le pubblicavano, che ci fosse una presa di coscienza. Il pubblico delle mostre è preparato, l'effetto sorpresa non è lo stesso. Rifiutare le mostre significa anche rispettare le persone che si vedono nelle mie foto. E' una questione di decenza. 

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy