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Andrea Arnold • Regista

"Molte cose mi hanno inorridita"

di 

- CANNES 2016: La regista inglese Andrea Arnold parla di American Honey, un road movie sociale sulla gioventù americana, presentato in concorso

Andrea Arnold • Regista
(© Festival de Cannes)

Affiancata dai suoi attori tra cui la rivelazione Sasha Lane e Shia Labeouf, dal direttore della fotografia Robbie Ryan e dal suo produttore, la regista inglese Andrea Arnold ha raccontato, nel suo unico incontro con la stampa sulla Croisette, la sua esperienza per American Honey [+leggi anche:
recensione
trailer
Q&A: Andrea Arnold
scheda film
]
, presentato in competizione al Festival di Cannes.

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Come le è venuta l’idea di questa squadra di venditori porta a porta?
Andrea Arnold: Qualche anno fa lessi un articolo del New York Times che descriveva il mondo e la vita di queste squadre di venditori porta a porta di abbonamenti per riviste. E’ una cosa che esiste veramente negli Stati Uniti. Non è come in Inghilterra dove cerchi di vendere solo a fini caritatevoli. Là, si vende per vendere, e si vende quasi più se stessi delle riviste. Mi sono informata sul tema e la squadra che vediamo nel film si ispira a un vero team di porta a porta che esiste da una decina d’anni e che abbiamo seguito per un periodo, prima della scrittura del film. Abbiamo anche mandato qualche attore a vedere un po’ come funzionava nella realtà. E’ un lavoro difficile, in certi posti vi rincorrono i cani e la polizia a volte s’immischia. E’ una sorta di sottocultura alla quale ho poi aggiunto la mia immaginazione.

Come ha approcciato questo film negli Stati Uniti, che sono un altro pianeta rispetto all’Inghilterra?
E’ stato interessante perché quando ho cominciato a esplorare il tema, mi sono resa conto di essere molto poco informata. Ho quindi viaggiato negli Stati Uniti. Volevo veramente conoscere la situazione, vederla, e ho incontrato molta gente che lavorava porta a porta. Sono andata nel Sud, nell’Ovest, nell'Est, e questo alla fine ha un impatto su quello che senti. Il paesaggio ha un impatto. Abbiamo girato nel Midwest, siamo andati dall’Oklahoma al Nord Dakota, e i paesaggi cambiano. E’ stata una bella esperienza viaggiare così tanto. Abbiamo fatto circa 16 000 chilometri. Gli attori non sapevano dove andassimo, dicevo loro: "Fate le valigie, domani si parte".

Il suo film tratta molte tematiche, ma soprattutto la questione della gioventù e la mancanza di opportunità. Qual è la sua impressione della situazione negli Stati Uniti?
Penso che il film mischi quello che ho visto degli Stati Uniti attraverso Hollywood, le praterie, i cowboys, ecc., e l'America di oggi che ho scoperto con i miei viaggi. Molte cose mi hanno inorridita come una certa povertà. E negli Stati Uniti, quando non hai soldi, non hai assistenza medica. E’ scioccante. E poi c’è la droga: ne trovi dappertutto. Abbiamo lavorato molto per il casting e incontrato molti giovani, quindi mi sono ritrovata nel mondo dei giovani americani di oggi. Un giorno eravamo in una cittadina della Virginia Occidentale, una città con un supermercato, delle pompe funebri e tre farmacie. Tre farmacie per una città così piccola, era curioso! In una di queste farmacie c’erano cinque persone alla cassa che facevano gli ordini e prescrivevano antidepressivi ai giovani. Questa la dice lunga sulla dipendenza dalle droghe negli Stati Uniti! Sono stata soprattutto in piccole città in piena trasformazione dove non ci sono molte imprese e lavoro, e dove molti giovani lavorano nei fast-food. E’ praticamente l’unica possibilità d’impiego che esiste. E’ molto triste.

Lo stile poetico del film fa pensare a Larry Clark e Terrence Malick. Quli sono state le sue influenze?
Quando faccio un film, non ho voglia di vederne altri. La mia ispirazione viene dal mondo che percorro e che esploro. Mi immergo nei luoghi, incontro gente che ha qualcosa a che vedere col film che preparo e da lì traggo la mia ispirazione. Penso che la vita reale delle persone sia molto stimolante. In passato, con il direttore della fotografia Robbie Ryan, ci ispiravamo alle fotografie e volevamo che i nostri film assomigliassero a quel film o a quell’altro. Ma per questo film, non è stato così: ho cercato la mia strada.

Come ha scelto le tante canzoni che fanno parte integrante del film?
Alcune erano nella sceneggiatura, ma ci sono stati dei cambiamenti, qualche ostacolo. E quando eravamo nel minibus, i ragazzi ascoltavano dei pezzi che mi hanno influenzato. La cosa si è evoluta durante le riprese. Abbiamo ascoltato molta musica e volevo che il film riflettesse veramente la musica che ascoltano i giovani. Ho cercato di lavorare su due livelli. Innanzitutto bisognava che la canzone corrispondesse bene alla scena, e poi che apportasse una certa dimensione emozionale.

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(Tradotto dal francese)

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