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VENEZIA 2008 Settimana della Critica

Il taxi neorealista di Kabul

di 

Kabul, oggi: una donna abbandona il suo neonato sul sedile posteriore del taxi di Khaled. Inizia così, Kabuli Kid [+leggi anche:
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scheda film
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di Barmak Akram: un viaggio nella capitale afgana, alla ricerca d’una madre di cui non si conosce che l’unico dettaglio – il neo sulla caviglia destra – lasciato scoperto dal lungo tchadri.

Nativo di Kabul, ma rifugiato politico a Parigi, Akram si divide da qualche anno tra la Francia e l’Afghanistan: “Ho sempre sognato di fare un film nella mia città, ma non volevo farlo con lo sguardo del turista”, spiega l’autore, che ha trovato nel vero tassista (part-time) Hadji Gul il suo interprete ideale.

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Attori presi dalla strada, dunque, come nella miglior tradizione neorealista: “Sono molto felice di presentare il film in Italia, il paese di Rossellini e Pasolini”, continua l’esordiente regista, che tra i modelli di quest’opera (di cui ha curato anche la sceneggiatura, con la consulenza di Jean-Claude Carriere, e le musiche) indica pure il cinema dell’iraniano Abbas Kiarostami, con cui condivide l’attenzione per l’universo femminile.

Pur dominato dalla presenza del protagonista maschile, il film non dimentica infatti d’interrogarsi su cosa significhi esser donna nella Kabul post-talebana: “La figura della madre è centrale”, aggiunge Akram, “non m’interessa lo stereotipo della donna col velo: piuttosto, ho voluto raccontare il problema universale di mettere al mondo un figlio”.

Prodotto da Fidélité Films in associazione con Wild Bunch (a capo delle vendite internazionali), e con 4 a 4 Productions, Auteurs Associés e Afghan Film, Kabuli Kid sarà in programma anche all’imminente Toronto Film Festival.

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