“Per promuovere Anatomia di una caduta, abbiamo acquistato molta pubblicità in apertura dei maggiori podcast crime nazionali”
Rapporto industria: Distribuzione, esercenti e streaming
Stefano Finesi e Gianluca Buttari • Distributori, Teodora Film
I due rappresentanti della società romana ci hanno parlato del loro lavoro di distribuzione arthouse, nonché delle loro strategie commerciali e di marketing

Abbiamo incontrato a Roma Stefano Finesi e Gianluca Buttari, soci della casa di distribuzione Teodora Film. Durante la nostra conversazione, ci siamo soffermati in particolare sulla politica editoriale dell’azienda, sul suo mercato e pubblico di riferimento e sulle recenti campagne marketing.
Cineuropa: Per prima cosa, potrebbe parlarci della politica editoriale di Teodora Film?
Stefano Finesi: La Teodora Film è stata fondata da Vieri Razzini e Cesare Petrillo nel 2000. La politica editoriale è rimasta fondamentalmente la stessa: distribuire grande cinema di qualità e prestare un’attenzione particolare al lavoro delle registe donne ed alle tematiche LGBT. Teodora è sempre stata all’avanguardia, facendo un lavoro pioneristico anche quando su questi temi c’era molta meno attenzione. Ha portato per la prima volta in Italia il lavoro di cineaste come Céline Sciamma, Mia Hansen-Løve, Susanne Bier, Teona Strugar Mitevska, Lucrecia Martel, Ursula Meier... Penso anche a film come Pride [+leggi anche:
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scheda film]... Sono tutti titoli di riferimento per la comunità LGBT sui quali Teodora ha lavorato quando questi temi erano meno scontati. Adesso, per fortuna, la situazione è migliorata molto. Per il resto, cerchiamo sempre di bilanciare la presenza di grandi maestri riconosciuti – essendo una società con una forte vocazione cinefila – con la scoperta di registi nuovi ed opere prime.
In quanti lavorate per Teodora? Quanti titoli gestite ogni anno?
S.F.: Siamo tre soci: io, Gianluca Buttari e Daniela Graziano. Lavorano con noi Michele Zanlari, che si occupa della direzione commerciale, e Beatrice Gulino, che si occupa di acquisizioni e vendite. Gran parte del lavoro di marketing e stampa lo facciamo in casa. Cerchiamo di mantenere quella dimensione “artigianale” distribuendo pochi film, otto o nove l’anno, dedicando ad ogni titolo un’attenzione particolare. Per questa parte di stagione abbiamo avuto Ancora un’estate [+leggi anche:
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Quali sono i mercati di riferimento principali?
S.F.: In primis, Cannes e Berlino, ma siamo presenti anche a Venezia. Da Venezia, insieme agli amici di Tucker Film, abbiamo distribuito il vincitore del Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria, Il male non esiste, di Ryûsuke Hamaguchi. Teodora Film ha anche avuto la fortuna di distribuire le ultime due Palme d’oro in Italia, le quali hanno riscosso un successo clamoroso ed inaspettato, pur non essendo un momento facilissimo per la distribuzione arthouse in generale.
La pandemia e le trasformazioni del settore degli ultimi anni hanno cambiato il vostro business model?
S.F.: Più che il business model, la pandemia ha cambiato il pubblico. Da parte nostra, rispetto a prima, tendiamo a investire meno esternamente, costruendo le campagne con materiali ed idee “in house.” Anche prima della pandemia i titoli arthouse che riuscivano a fare dei grandi numeri al box office erano una minoranza, ma oggi la situazione è ancora più polarizzata. C’è un gruppo ristretto di film che continua ad avere ottimi risultati, come nel nostro caso Anatomia di una caduta [+leggi anche:
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intervista: Justine Triet
scheda film]. Altri, invece, non potendo più contare su una base di pubblico con l’abitudine del cinema, se vanno male vanno davvero molto male. Noi facciamo il possibile anche con il lavoro extra-sala, ma il comparto theatrical rimane fondamentale.
Come descriverebbe il vostro pubblico?
S.F.: Una volta c’era lo zoccolo duro degli over 50-60. Oggi questo si è assottigliato e la sfida è quella di riguadagnare un pubblico di giovani – in questo caso, intendiamo spettatori dai 25 ai 40 anni. Con il lavoro di registi come Ruben Östlund, per esempio, è facile intercettarli; con altri è ovviamente più difficile.
Avete anche distribuito insieme a MUBI il corto di Pedro Almodóvar, Strange Way of Life...
S.F.: Di fatto siamo stati la prima società in Italia a proporre un film insieme a MUBI, Petite Maman [+leggi anche:
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scheda film]. [...] Da quel momento in poi abbiamo continuato a collaborare. Quest’anno abbiamo portato insieme il corto di Almodóvar ed il lungometraggio How to Have Sex [+leggi anche:
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intervista: Molly Manning Walker
scheda film], vincitore di Un Certain Regard all’ultimo Festival di Cannes. È stata una collaborazione interessante. Il lavoro ha richiesto di bilanciare le esigenze degli esercenti, che vogliono una finestra esclusiva di buon respiro per la sala prima del passaggio in piattaforma. Quella di Almodóvar è stata più un’operazione di cuore, per la nostra attenzione all’autore ed alle tematiche LGBT. Il film è andato bene, ma è stato comunque complesso da gestire. È stato un esperimento, uno dei tanti per trovare strade nuove. Ne è comunque valsa la pena.
Quali sono state le campagne marketing più interessanti sulle quali avete lavorato?
Gianluca Buttari: Un esempio interessante potrebbe essere il lavoro su Anatomia di una caduta. Per promuoverlo, abbiamo acquistato molta pubblicità in apertura dei maggiori podcast crime nazionali, uno di quei mezzi che non avevamo mai utilizzato prima. Ha portato ottimi risultati. Il film nasceva come un thriller ed era quindi molto in target. Abbiamo speso delle cifre importanti in questo senso. Non è un impatto misurabile, ma siamo convinti che abbia senza dubbio aiutato la promozione del film.
Abbiamo presentato Anatomia di una caduta e Triangle of Sadness [+leggi anche:
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intervista: Ruben Östlund
intervista: Ruben Östlund
scheda film] alla Festa del Cinema di Roma organizzando delle proiezioni speciali. La sala che ha proiettato Östlund l’abbiamo addobbata con dei salvagente tematici del film che sono andati letteralmente a ruba e lo stesso regista ha fatto un happening coinvolgendo il pubblico presente. Su ogni poltrona avevamo posizionato dei sacchetti da viaggio per vomito, di quelli che si trovano sulle navi, personalizzati con le grafiche del film. Inoltre, abbiamo personalizzato il red carpet in entrambi i casi. Per esempio, per quello del film di Justine Triet abbiamo piazzato delle sagome da scena del crimine. Il tutto è stato rilanciato moltissimo sui social dando visibilità ai film ed agli eventi.
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