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CANNES 2025 Concorso

Mario Martone • Regista di Fuori

"Ogni essere umano può sentirsi come in prigione, e solo l'immaginazione può liberarci"

di 

- CANNES 2025: Il regista italiano racconta il suo viaggio di finzione nel mondo della scrittrice di culto Goliarda Sapienza e nella Roma del 1980

Mario Martone • Regista di Fuori
(© 2025 Fabrizio de Gennaro per Cineuropa - fadege.it, @fadege.it)

In concorso per la terza volta al Festival di Cannes con Fuori [+leggi anche:
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(dopo L’amore molesto del 1995 e Nostalgia [+leggi anche:
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del 2022), il regista italiano Mario Martone ripercorre la genesi del suo libero adattamento di due libri di Goliarda Sapienza (interpretata nel film da Valeria Golino), L'università di Rebibbia e Le certezze del dubbio.

Cineuropa: Come è nata l'idea di Fuori?
Mario Martone: È stato un lungo percorso. È stata la mia co-sceneggiatrice Ippolita Di Majo a suggerirmi l'idea di lavorare su Goliarda Sapienza, di cui aveva letto i libri. Abbiamo pensato prima di adattare L'arte della gioia, poi cinque anni fa di fare un film biografico con Valeria Golino nel ruolo. Poi abbiamo messo in scena il suo romanzo Il filo di mezzogiorno e infine siamo arrivati a Fuori. Quello che ha scritto Goliarda Sapienza è molto stimolante dal punto di vista cinematografico. Non volevamo fare un film pieno di informazioni su di lei, ma piuttosto un suo ritratto sullo sfondo di un'estate romana del 1980. Un ritratto di una scrittrice con le sue creature letterarie - personaggi realmente esistiti, ma che nei romanzi di Goliarda assumono una dimensione del tutto nuova. E con l'intento di renderlo il più scanzonato possibile.

I film con protagoniste femminili sono relativamente rari nella sua filmografia. E Goliarda Sapienza è una figura importante del femminismo. È stata una sfida per lei?
È vero che la mia filmografia è piuttosto maschile, con alcune eccezioni. Innanzitutto, quello che mi piace di più è fare film sempre diversi e partire da zero. In secondo luogo, ai miei occhi, Goliarda è un po' come il protagonista del mio primo lungometraggio,, Morte di un matematico napoletano  o come Leopardi ne Il giovane favoloso [+leggi anche:
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, un'artista che non si trova a suo agio nel suo tempo, nella sua società, e che cerca in qualche modo una via d'uscita. Ovviamente sono anche una sorta di autoritratto, perché anch'io, attraverso il cinema, cerco di sfuggire l’affrontare la vita. Ma non è solo per gli artisti, perché credo che ogni essere umano possa sentirsi in prigione e solo l'immaginazione può liberarci, anche durante una semplice passeggiata in montagna.

In che modo ha cercato di ricreare la percezione anticonformista di Goliarda del mondo, la sua stranezza, la sua diversità?
Ho provato a girare l'intero film attraverso i suoi occhi. Quando vediamo alberi, pezzi di edifici, architetture, rovine romane, ho sempre girato come se lei li stesse guardando. Doveva guardare perché questa è la sua azione principale, quella di una scrittrice che osserva. Tutto il film è orientato in questo modo. Poi, di tanto in tanto, come nella scena della profumeria, gli spazi improvvisamente si muovono, si allargano. Perché se si legge questo episodio nel suo libro, lei  sta raccontando una storia reale e improvvisamente inizia a fantasticare. È stato affascinante lavorare in modo che tutto ciò che la circondava fosse sempre un riflesso della sua percezione.

Come avete ricreato la Roma del 1980?
Come faccio sempre quando ricreo il passato: senza costruire i set, ma lavorando su ciò che è reale. Tutte le città conservano strati del proprio passato. Si tratta di saperli vedere, saperli rielaborare con la macchina da presa e montarli. Ciò che emerge è una città del passato che è nel presente. Quindi ho girato tutto nella Roma di oggi. Abbiamo anche girato nel formato 1.66 che si usava all'epoca, per evocare il cinema di quegli anni. E lo stesso vale per gli zoom: di solito quando faccio uno zoom lo nascondo, ma in questo film ho usato lo zoom come nei film italiani degli anni '70, ma anche come nei film francesi, ad esempio quelli di François Truffaut. E poiché Roma è così grande, come una foresta di cemento e natura, mi è piaciuto molto il fatto che il film vaghi per zone che i turisti non conoscono. È anche legato al fatto che il personaggio di Roberta (Matilda De Angelis) porta Goliarda in zone periferiche dove lei, che vive nel quartiere borghese dei Parioli, non andrebbe mai da sola.

Ci sono già nel cinema film famosi incentrati su due donne.
Thema & Louise è un film che mi è sempre piaciuto molto perché è un riferimento. Ma i riferimenti, per ogni film, sono come una costellazione. Ma penso in particolare a John Cassavetes, perché oltre a Valeria Golino, mi viene in mente solo Gena Rowlands come attrice che avrebbe potuto interpretare Goliarda Sapienza.

(Tradotto dal francese)

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