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BERLINALE 2023 Forum

Recensione: In Ukraine

di 

- BERLINALE 2023: Tomasz Wolski e Piotr Pawlus lasciano che le immagini parlino, o meglio gridino, da sole, dando uno spaccato dell'orrore di una guerra su vasta scala

Recensione: In Ukraine

Nel documentario In Ukraine [+leggi anche:
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, Piotr Pawlus e Tomasz Wolski (1970, Ordinary Country), che negli ultimi anni hanno anche collaborato con Sergei Loznitsa al montaggio dei suoi The Kiev Trial [+leggi anche:
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, dimostrano di conoscere bene il potere travolgente - e fuorviante - delle immagini. In Ukraine, presentato in anteprima al Forum della Berlinale, offre uno spaccato senza precedenti del paese in questione, dilaniato dalla guerra.

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Composto da immagini fisse catturate in luoghi urbani e remoti (sotto questo aspetto, In Ukraine ricorda un po' le opere di James Benning), il documentario è più che altro un'esperienza emotiva - creata sia dalle immagini che dal modo in cui sono state montate (Lev Kuleshov è stato chiaramente una grande fonte di ispirazione al riguardo) - per capire come sia la vita quotidiana in una zona di guerra. Il film è anche un'opera intellettuale: un promemoria crudo del fatto che, per quanto "fotogeniche" o "affascinanti" siano immagini di guerra, e non c'è nulla di romantico in essa. È vile e crudele, anche se non viene mostrata nemmeno una goccia di sangue. Un edificio vuoto, semidistrutto, con un cane che sbuca da dietro la porta dell'armadio è altrettanto significativo.

Il documentario inizia con delle automobili che circolano "normalmente" sulle strade. Nulla di insolito, solo gli spostamenti quotidiani. Ma in Ucraina, mentre le auto circolano, ai lati della strada ci sono carri armati distrutti, edifici in rovina e ponti crollati. La gente ci cammina intorno, mentre alcuni li guardano come se fossero luoghi turistici. E proprio quando gli occhi e il cervello iniziano ad abituarsi a queste "immagini di guerra", c'è un altro cambio di inquadratura: ora i nostri occhi stanno fissando la canna di un cannone di un carro armato. Non ci si può abituare, è un dovere morale non farlo. Pawlus e Wolski hanno in serbo altri colpi di scena come questo. Mostrano i luoghi che i media di tutto il mondo hanno già presentato più volte: il rifugio nella metropolitana, i centri di distribuzione del cibo, i posti di blocco... Si uniscono persino a un piccolo gruppo di truppe nei boschi.

Si sentono i suoni dei missili che esplodono, ma anche i rumori della vita quotidiana. Un attimo prima le persone sono ferme, un attimo dopo sentono una sirena e iniziano a camminare verso un rifugio improvvisato. Non c'è panico, perché sono già abituati. Ma ci si può davvero abituare alla guerra? Questo è uno dei temi centrali del film. La risposta è ambigua. È impossibile vivere in un costante stato di allarme, ma è altrettanto impossibile abbassare la guardia.

I registi si soffermano anche sui diversi comportamenti e scopi delle persone che arrivano nella zona di guerra: c'è una persona che distribuisce cibo a una folla agitata e si mette in posa per una foto con ogni borsa che distribuisce, mentre si sentono voci straniere tra i soldati ucraini. Ci sono anche giornalisti che fanno reportage davanti a uno sfondo interessante scelto appositamente per le loro telecamere. Ma la guerra non può essere ridotta a uno sfondo pittoresco, perché le mine antiuomo possono essere nascoste ovunque.

Wolski, che ha anche lavorato come colorista al film, gli ha conferito un aspetto in stile "ORWO", che riporta alla memoria gli anni '80 e i regimi precedenti, quando forse c'erano meno scioperi, ma la minaccia quotidiana era ancora palpabile. Se il silenzio è in grado di urlare le famose ultime parole del colonnello Kurtz, In Ukraine lo fa davvero, e anche molto forte.

In Ukraine è una coproduzione tra Polonia e Germania. Kijora Film, con base a Varsavia, lo ha prodotto, in coproduzione con Indi Film

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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