Recensione: El Paraíso
- VENEZIA 2023: Il nuovo film di Enrico Maria Artale è uno sguardo personale su un rapporto madre-figlio gravemente compromesso
Il quarantenne Julio Cesar (Edoardo Pesce) vive ancora con la madre, colombiana (Margarita Rosa De Francisco). Nato e cresciuto in un paesino alle porte di Roma, non ha mai visitato la Colombia. In questo dettaglio si può già scorgere lo spostamento che sta nel nucleo de El Paraíso [+leggi anche:
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intervista: Enrico Maria Artale
scheda film], il terzo film del regista italiano Enrico Maria Artale. Esattamente dieci anni fa, il suo esordio Il terzo tempo [+leggi anche:
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scheda film], vinse il Premio Pasinetti Opera Prima nell'ambito di Orizzonti a Venezia, e sempre in questa sezione viene presentato in anteprima il suo ultimo film, nell'ambito dell'80ª edizione del festival.
Più passa il tempo, meno probabile diventa una separazione naturale per i due protagonisti. Li incontriamo in una fase avanzata della loro vita e con la chiara consapevolezza che nulla è cambiato da decenni. Non sorprende che siano in gioco dinamiche complesse tra Julio Cesar e sua madre (che rimane senza nome per tutto il film), e non solo perché condividono una casa minuscola e lei ostacola il suo tempo e la sua libertà. Lavorano anche insieme per un trafficante di droga locale, occupandosi dei “muli” che arrivano con la cocaina dalla Colombia. Uno di questi "ospiti" è Ines (Maria Del Rosario), una giovane latina che Julio prende in simpatia. Una scena piuttosto imbarazzante che coinvolge lassativi e allattamento diventa qualcosa di simile a un incontro-scontro in una mossa narrativa piuttosto trasgressiva.
Ines provoca quasi subito dissidi e gelosie tra il figlio e la madre, e si può facilmente individuare la tossicità che si annida in ogni aspetto di questa relazione edipica. Risentimento, aggressività passiva, mancanza di rispetto per i confini altrui: sono tutti elementi presenti, ma in modo molto relazionale. Artale è un regista preciso e affronta il suo film con una nozione olistica di mondo, un'artificiosità credibile. È ovvio che sia la madre che Julio sono personaggi in carne e ossa, e il loro rapporto imperfetto è una meraviglia di realismo. Detto questo, il loro mondo è effettivamente una gabbia dorata, anche se vivono ai margini della società e non hanno un permesso di soggiorno. Ogni tanto vanno in un bar dove ballano salsa, bachata e merengue: nelle scene iniziali del film, gli spiriti sono alti e si potrebbero facilmente scambiarli per amanti o amici intimi.
Proprio questa ambivalenza è la forza trainante del film, che si trasmette attraverso le conversazioni, le dinamiche scattanti e le diverse lingue parlate - un mix di spagnolo e italiano. L'interessante concetto duale di madre-terra è raddoppiato nel contesto delle lingue, e quando si pensa alle radici, non si può fare a meno di pensare alla famiglia. C'è una linea sottile tra il sostegno e il soffocamento, tra l'amore incondizionato e la manipolazione, e chiunque può facilmente scivolare dall'uno all'altro solo perché i legami sono così forti che potrebbero anche finire per rompere le ossa.
El Paraíso è stato prodotto dalle società romane Ascent Film e Young Films, con RAI Cinema.
(Tradotto dall'inglese)
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