email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

ZURIGO 2023

Recensione: The Driven Ones

di 

- Il documentario di Piet Baumgartner ritrae cinque giovani CEOs in erba che, come missili sparati ad una velocità supersonica, cercano di raggiungere il successo

Recensione: The Driven Ones

Durante sette anni, il regista zurighese Piet Baumgartner segue un gruppo di cinque studenti del prestigioso Master in “Strategy and International Management” dell’Università di San Gallo, in Svizzera. Il suo primo lungometraggio The Driven Ones è presentato in prima mondiale nel Concorso Focus dello Zurich Film Festival. Dal loro primo anno di studi fino alle prime esperienze lavorative marcate da successi sbalorditivi ma anche da cocenti delusioni, Piet Baumgartner scruta i suoi protagonisti cercando di capire qual è la forza motrice delle loro azioni. “Formattati” per il successo, dopati all’adrenalina e imbottiti di egocentrismo, Feifei, Sara, Tobia, Frederic e David appartengono all’elite mondiale, quella che “fa girare l’economia” nutrendosi di caviale ma anche di tanti bocconi amari che non fanno bene nè al cuore nè alla mente.

Rintanati dietro a diplomi prestigiosi, famiglie ricche ed esigenti e ideali quasi irraggiungibili, i cinque protagonisti del film si svelano davanti alla cinepresa come nello studio di uno psicologo. Unico momento di “riposo” all’interno di una giornata che non finisce mai, l’incontro con la cinepresa si trasforma in vero e proprio confronto con se stessi.

Sebbene abbiano dei background, degli obiettivi ma che dei valori differenti, Feifei, Sara, Tobia, Frederic e David condividono una stessa ossessione, quella del successo immediato. Sprovvisto di voce fuori campo (una scelta che possiamo solo validare) il film indaga ben oltre l’apparente perfezione delle loro vite per capire cosa, davvero, li abita. Cosa una vita di sacrifici, di giornate senza sonno e di stress permanente provoca a lungo termine? È davvero possibile mantenere questo ritmo, annientare i propri sentimenti, soffocare le proprie “debolezze” in nome del successo (qualunque cosa significhi)?

Quello che Baumgartner racconta è lo sgretolarsi quasi impercettibile ma inarrestabile di una maschera sociale in favore di una sensibilità sempre più difficile da tenere a bada. Sebbene la sicurezza in se stessi sembri non abbandonarli mai, la costanza con la quale il regista scruta i suoi protagonisti fa apparire delle crepe che potrebbero rimanere invisibili. Incapaci di esprimere quello che provano, sprovvisti del vocabolario necessario per parlare dei propri sentimenti, Feifei, Sara, Tobia, Frederic e David assomigliano a tanti piccoli pesci rossi prigionieri di un acquario che si sono costruiti da soli. È allora nei rari momenti liberi che si ritagliano e che il regista non esita a catturare: mentre Feifei suona il piano nel piccolo locale sotterraneo che l’università riserva alle attività “accessorie” o quando Sara si riposa nel giardino dei genitori, che le loro personalità individuali, la loro umanità e fragilità fanno capolino.

Oltre il genere, l’origine etnica o di classe, i cinque protagonisti del film incarnano un ideale virile che, oggigiorno, non può non essere messo in questione. The Driven Ones ci mostra quanto la nostra società sia ormai polarizzata fra chi rimane attaccato al successo a tutti i costi e chi, letteralmente, se ne infischia.

Preciso, quasi clinico ed allo stesso tempo leggero, sfuggente, il primo lungometraggio di Piet Baumgartner ci permette di visitare il dietro le quinte di un mondo elitista che naviga pericolosamente fra successo e completo disfacimento.  

The Driven Ones è prodotto da Catpics, SRF Schweizer Radio und Fernsehen, RTS Radio Télévision Suisse e Norddeutscher Rundfunk. Autlook Filmsales si occupa delle vendite all’internazionale.

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy