Recensione: Power
- Nel suo secondo lungometraggio, Mátyás Prikler esamina i meccanismi del potere e dell'etica con il caso di un incidente di caccia mortale che coinvolge alcuni politici di alto profilo

Qualche saggio una volta disse che la politica è l'arte del possibile. Per raggiungere un obiettivo comune, spesso descritto come un bene superiore, le parti interessate devono scendere a patti e compromessi utilizzando denaro, potere, influenza e servizi come moneta di scambio. Il problema è che non esiste una definizione rigorosa di bene superiore né un manuale su come definirlo. Una situazione apparentemente ordinaria, ma in realtà molto complessa, che illustra questo dilemma, è al centro del secondo lungometraggio di Mátyás Prikler, Power, presentato in anteprima quest'anno all'IFFR e ora proiettato nel programma Network of the Festivals in the Adriatic Region del Festival di Zagabria.
L'indagine lo fa entrare nell'orbita di diversi attori della zona etnicamente mista del paese. C'è la famiglia della giovane vittima, che vuole che sia fatta giustizia. C'è il sospetto omicida, il ministro Berger (Jan Kačer), candidato ufficiale al ruolo di commissario strategico per l'acqua dell'Ue e il cui avversario si presenta con una piattaforma che consentirebbe la privatizzazione delle risorse idriche, e né lui né il governo possono permettere che uno scandalo del genere venga reso pubblico. C'è anche una giornalista (Lucia Kašová) in cerca di una grande occasione, e uno scandalo politico di alto profilo potrebbe essere perfetto per la sua causa. Infine, c'è un ex poliziotto in disgrazia di nome Ondris (Mihály Kormos) che potrebbe fungere da capro espiatorio ideale e che potrebbe voler fare un accordo del genere. Tutti i personaggi citati, compreso Steiner, hanno una sorta di bussola morale, il che rende lo scenario ideale meno possibile.
Se giudicato semplicemente per i suoi meriti come thriller politico, Power è destinato a fallire, poiché non c'è quasi nessun mistero sull'evento, sulle azioni o sulle motivazioni dei personaggi coinvolti, rendendo il finale troppo logico e ordinato. Tuttavia, il film funziona molto meglio come dramma etico alimentato da dilemmi morali e come esame della creazione di accordi e compromessi.
La sceneggiatura, scritta dallo stesso regista insieme a Marek Leščák, è ornata da dettagli realistici della vita in un ambiente di provincia multietnico e multilingue e popolata in gran parte da personaggi ben delineati che tuttavia lasciano agli attori un ampio margine di interpretazione. L'attore e regista Szabolcs Hajdu coglie l'opportunità di interpretare Steiner in modo sobrio e con grande integrità, mentre Jan Kačer nel ruolo di Berger fa qualcosa di simile ma con un registro emotivo leggermente più alto.
In termini di regia, il frequente uso di scene one-take, inquadrate con un senso di simmetria e riprese da posizioni fisse e da varie distanze, serve bene al film. Anche l'esecuzione da parte del direttore della fotografia Gergely Pálos, che le gira in toni invernali che aumentano l'atmosfera fredda, è astuta, mentre la colonna sonora di pianoforte e archi di Zsófia Tallér sottolinea la serietà dell'argomento, e il montaggio di Matej Beneš mantiene la struttura chiara e il formato efficacemente compatto. Power non è forse lo studio più filosofico o più profondo del termine che dà il titolo al film, cruciale per la politica di alto e basso livello, ma funziona bene nella sua semplicità e chiarezza.
Power è una coproduzione slovacco-ungherese-ceca delle società MPhilms, Proton Cinema, Negativ e RTVS - Radio and Television Slovakia.
(Tradotto dall'inglese)
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