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BERLINALE 2024 Forum

Recensione: La hojarasca

di 

- BERLINALE 2024: L'opera prima della regista canaria Macu Machín documenta in maniera enigmatica i legami familiari e le loro contraddizioni

Recensione: La hojarasca
Elsa Machín e Carmen Machín in La hojarasca

La leggenda racconta che un uomo incontrò un maiale ferito mentre attraversava Las Palmas. Inizialmente passò oltre, ma poi sentì strillare e il maiale parlò con voce umana, promettendogli l'intera terra davanti a sé, se fosse riuscito a trovare aiuto. Questa favola apre The Undergrowth [+leggi anche:
intervista: Macu Machín
scheda film
]
, l’opera prima della regista spagnola Macu Machín, presentata in anteprima alla Berlinale di quest'anno, nella sezione Forum. Machín punta la macchina da presa sulla propria famiglia – sua madre e le sue due sorelle, per la precisione – in un mix di verità e messa in scena per esplorare le complessità dell'articolazione emotiva dopo una vita di repressione.  

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Dopo 20 anni, per Carmen, Else e Maura è arrivato il momento di spartire l'eredità, un terreno vicino al vulcano dell'isola. Lo scopo della loro riunione è chiaro: bisogna prendere una decisione. Ma come arrivare a un'intesa, quando si fatica a esprimere i propri sentimenti? Machín cattura bene i paradossi dell'essere una famiglia, con un film dal ritmo lento, girato con primi piani insistenti su volti invecchiati, mani e oggetti, e in cui si è vicini a conoscere gli aspetti più intimi dell'altro, senza mai riuscire a colmare il divario. Le sorelle Machín parlano attraverso i silenzi e non alzano mai la voce; sembrano imparare progressivamente a parlare tra di loro man mano che il film va avanti. Forse questo ha più a che fare con le particolari circostanze delle riprese, piuttosto che con un piano premeditato o una decisione presa in sala di montaggio. Tuttavia, quando i ricordi riaffiorano, sembra che un altro tipo di mondo, molto più libero, illumini le sillabe che li compongono.

Gli animali della fattoria, i mandorli e i caminetti domestici sono tutti segni del passato idilliaco e dimenticato che un tempo le sorelle condividevano. Oggi, la debilitata Maura ed Elsa (che è diventata la badante a tempo pieno di Maura) si uniscono a Carmen, la custode della loro casa d'infanzia, solo per imbattersi in cose che non ricordavano. Questa dialettica di ricordi e dimenticanze viene poi intensificata dal tremore della terra, da un brontolio lontano e dal cielo infuocato: le sorelle litigano, il vulcano erutta.

La casa dei Machín è circondata da montagne e foreste, lontana da qualsiasi altra abitazione, il che rende il coinvolgimento dello spettatore ancora più forte quando la macchina da presa si aggira sia di giorno che di notte, per esplorare tutto ciò che è sospeso nell'aria, per quanto effimero possa essere. I direttori della fotografia José Alayón e Zhana Yordanova, per la maggior parte del tempo, tengono separate le inquadrature delle sorelle, permettendoci da un lato di dedicare a ciascuna di loro tutta la nostra attenzione, dall'altro segnalando la frattura tra loro e la rivalità che ne deriva.

Anche quando approfitta dell'intimità per filmare le persone più vicine a lei, Macu Machín riesce a ritirarsi quando è necessario e a concedere una distanza sufficiente affinché la famiglia possa utilizzare lo spazio cinematografico in qualsiasi modo ne abbia bisogno: che sia un campo di battaglia o un luogo sicuro di consolazione. Esordio molto promettente, The Undergrowth si rivela una toccante esplorazione delle dinamiche familiari, che porta alla luce l'ambivalenza sopita in ogni silenzio e in ogni gesto che le sorelle si scambiano.

The Undergrowth è prodotto dalla spagnola El Viaje Films, e Split Screen cura le vendite internazionali.

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(Tradotto dall'inglese)

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