Recensione: The Sparrow in the Chimney
- Questa volta da solo alla regia, Ramon Zürcher ci incanta con il suo stile inconfondibile regalandoci un film dai toni dark che rimette in questione il concetto di famiglia eteronormativa
Sebbene The Sparrow in the Chimney [+leggi anche:
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intervista: Ramon e Silvan Zürcher
scheda film], in concorso per il Pardo d’oro al Locarno Film Festival, sia firmato da Ramon Zürcher, il fratello Silvan, con il quale ha realizzato il suo film precedente The Girl and the Spider [+leggi anche:
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intervista: Ramon Zürcher e Silvan Zür…
scheda film], non l’ha di certo abbandonato prendendo in mano la produzione. Quello che i fratelli Zürcher creano non sono “soltanto” dei film ma dei veri e propri universi, così ricchi di dettagli da dare il capogiro. Entrare nel loro mondo è un po' come curiosare nel cappello di un mago estraendone oggetti intriganti e misteriosi. A cominciare dai titoli: The Strange Little Cat [+leggi anche:
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intervista: Ramon Zürcher
scheda film], The Girl and the Spider e The Sparrow in the Chimney, i film di Ramon (e Silvan) disseminano tanti piccoli indizi che sta a noi spettatori e spettatrici raccogliere per ricostruire una storia che sembra continuare da un’opera all’altra. Quello che le accomuna, e che traspare anche nel suo ultimo film, sono l’osservazione minuziosa delle dinamiche sociali: famigliari o amicali, alla ricerca di quei piccoli momenti sospesi che ne evidenziano il carattere artificiale e rivelano le fragilità di ognuno.
Le protagoniste di The Sparrow in the Chimney (come in tutti i film dei fratelli Zürcher sono le donne il centro della narrazione) sono due sorelle molto diverse: la fredda, per non dire glaciale Karen (Maren Eggert) e l’estroversa Jule (Britta Hammelstein). La prima vive con le due figlie adolescenti, il figlio più piccolo e il marito Markus (Andreas Döhler) nella bucolica casa dei genitori che si appresta ad accogliere un party organizzato per il compleanno di quest’ultimo, mentre la seconda vive lontano con il marito e i due figli piccoli. A completare il quadretto ci pensa la misteriosa dog sitter, ex biologa, come lei stessa si descrive, interpretata da Luise Heyer, che vive nella casetta in riva al lago e che si scopre essere l’amante di Markus. Nel giorno che precede la festa di compleanno, quando Jule arriva nella casa famigliare, ricettacolo di dolorosi ricordi legati alla despotica madre defunta, tutto sembra vacillare. Il una sorta di equilibrio impossibile da mantenere, fra immagini bellissime di una natura incontaminata e parole che feriscono come coltelli, la coesione famigliare viene fatta a pezzi.
Pronunciate con un contegno e una freddezza che lasciano sgomenti, frasi come “sei un mostro!”, “non credere che ti amo solo perché sei mia madre” o semplicemente “ti odio” risuonano nella casa famigliare con una grazia lugubre, come se questa volesse fagocitare tutti distruggendo qualsiasi sprazzo di speranza. Soffocata dai ricordi, dolorosi e terribili, dalle foto, dagli oggetti, dalle stoviglie dai bordi dorati e dai suppellettili di un’altra epoca, Karen si dibatte per liberarsi da un passato che la sta lentamente ma inesorabilmente distruggendo trasformandola in una statua, fredda e completamente vuota.
Lontano anni luce dalla perfezione rassicurante che la società associa immancabilmente alla famiglia eteronormativa, il film riflette sui rapporti di forza e le contraddizioni che animano un gruppo di persone accomunate da un legame di sangue che sembra trasformarsi in veleno. E se la sola soluzione per ricominciare a volersi bene sia quella di dimenticarsi dei propri doveri di figli, genitori, sorelle ecc. riscoprendosi diversamente, in modo più libero e sincero, come il passero che fugge dal camino dov’era rimasto intrappolato?
Sorta di fiaba distopica dai toni horror, il film trasporta il pubblico in un mondo crudele e sincero dove tutti, liberandosi dai dettami di una società che, dalla nascita, assegna ad ognuno il proprio ruolo, ritrovano finalmente la loro vera natura, selvaggia, insolente, animale.
The Sparrow in the Chimney è prodotto da Zürcher Film GmbH (Svizzera) e la SRF Schweizer Radio und Fernsehen. Cercamon si occupa delle vendite all’internazionale.
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