LOCARNO 2024 Semaine de la Critique
Recensione: A Sisters’ Tale
di David Katz
- La regista iraniana Leila Amini riprende la sorella, aspirante cantante, per sette anni, in un Paese dove alle donne è vietato cantare in pubblico
Le restrizioni sui diritti delle donne in Iran, e le ondate di proteste contro di esse, sono ben note a livello internazionale e riflettono un ampio panorama di cinema iraniano moderno che continua a crescere. Tuttavia, il divieto specifico per le donne di cantare in pubblico riceve una copertura molto meno globale. Dal 1979, anno della Rivoluzione islamica, ci sono state modifiche sui dettagli più specifici riguardanti ciò che è permesso e su come la musica viene diffusa, ma alle donne è ancora vietato cantare da sole in pubblico. Questa situazione evoca chiaramente una descrizione "orwelliana".
Presentato in anteprima come film di apertura della Semaine de la Critique di Locarno e poi a Toronto (leggi la notizia), A Sisters' Tale di Leila Amini affronta il tema della resistenza femminile in Iran, un argomento che potrebbe non essere molto conosciuto a livello internazionale, soprattutto rispetto alle immagini più forti e alle emozioni più evidenti che solitamente attraggono l'attenzione. Nel film, l'attrice osserva da vicino la sua adorabile sorella maggiore, Nasreen, mentre cerca di uscire da un matrimonio combinato senza amore, durato 15 anni, e di realizzarsi recuperando il suo talento per il canto. Parafrasando i Talking Heads, Nasreen si ribella a una società che teme la musica.
Nei 90 minuti di montaggio del film, sette anni di tempo reale passano fluidamente, con il marito Mohamed che si aggira nello spazio domestico come una presenza silenziosa, quasi spettrale, prima di diventare definitivamente assente negli ultimi anni. Non si tratta di un difetto, ma Leila riesce solo a tratteggiare il loro rapporto disfunzionale e il senso di prigionia di Nasreen, senza entrare nei dettagli (anche se, ovviamente, rischia di essere già abbastanza invasiva, mettendo in mostra le loro vite personali in questo modo). Tuttavia, per il pubblico c'è una difficoltà inquietante, poiché si richiede un giudizio morale sulla situazione, mentre sappiamo ancora così poco (e possiamo capirlo ancor meno), e possiamo solo empatizzare con la condizione di Nasreen.
Un altro regista potrebbe puntare sul dramma del contrasto tra le aspirazioni di Nasreen e le limitazioni delle sue capacità. Tuttavia, la voce di Nasreen, sostenuta da alcune lezioni vocali che vediamo nel film, è emotivamente coinvolgente, anche se il simbolismo dei testi che scrive, con i loro riferimenti elementari e religiosi, potrebbe risultare distante per noi. Leila ci racconta della scena musicale "segreta" che continua a sopravvivere, dai video virali di Instagram a cappella alle trasmissioni radiofoniche pirata, e di come dei contatti tramite i social media la conduca a una sessione in un lussuoso studio di registrazione.
Si tratta di un film diretto e semplice, in cui la condizione di Nasreen riflette anche una critica più generale alle aspettative patriarcali. La protagonista si interroga nervosamente sul dedicare la propria vita al figlio di dieci anni, Hamid, e alla figlia Hana. Tuttavia, senza perdere la propria individualità, Nasreen rappresenta in modo più discreto le donne del 2022 che scendono in strada per protestare contro la polizia morale dopo l'omicidio di Mahsa Amini. Il rifiuto più sottile delle norme da parte di Nasreen è solo uno dei modi meno visibili in cui le donne iraniane continuano la loro lotta.
A Sisters’ Tale è una coproduzione tra Svizzera, Francia e Iran, di Mira Film, Docmaniacs, La Belle Film e SRF - Schweizer Radio und Fernsehen.
(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)
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