Recensione: Love
- VENEZIA 2024: Nel nuovo capitolo della sua trilogia “Sex Dreams Love”, l'idea d'amore del regista norvegese Dag Johan Haugerud cerca di essere audace, ma risulta invece piuttosto lacunosa
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Ancora una volta, il film è ambientato a Oslo e la città è lo scenario degli appuntamenti dell'urologa Marianne (Andrea Bræin Hovig) e dell'infermiere Tor (Tayo Cittadella Jacobsen). Mentre professionalmente sono esperti di intimità maschile, la loro vita privata è l'esatto contrario. La quarantenne Marianne non è sicura di desiderare l'intimità emotiva quanto quella sessuale. Dopo un appuntamento al buio con il divorziato Ole (Thomas Gullestad), incontra Tor sul traghetto che la riporta a casa. In questo spazio ristretto, l'uomo più giovane e queer è alla ricerca di uomini che individua sull'app di incontri Grindr. Seguono conversazioni profonde, forse sesso, ma mai un impegno.
Potrebbe essere questa la soluzione per Marianne? Incontri al di fuori delle norme convenzionali e sociali? Dopotutto, Oslo sembra essere una città unica, dove le app di incontri sfornano effettivamente un discreto gruppo di single che, dopo aver tentato la fortuna nel pericoloso mondo degli incontri online, riescono ben presto a ottenere un incontro. Quello di Marianne è l'incontro con un uomo sposato, che ritarda volontariamente la rivelazione di questa informazione fino a quando l'atto è compiuto. È una serata divertente, ma si ha la sensazione che Marianne stia lottando contro la mentalità usa e getta che caratterizza questi incontri. Tor, invece, incontra Bjorn (Lars Jacob Holm), con il quale instaura subito un legame intellettuale. Quando quest'ultimo si presenta in ospedale per una prostatectomia, Tor non può fare a meno di offrire il suo aiuto.
È questo lo sconvolgimento sessuale promesso dal film? Forse si tratta di un divario generazionale tra il regista e chi scrive, ma buona parte delle questioni sollevate sembrano ricondursi al comune denominatore dei problemi relazionali: la mancanza di comunicazione e l'autoinganno. Tor afferma ripetutamente di non essere interessato a Bjorn, ma continua a controllare gli orari degli interventi. Si offre di comprargli la spesa, con l'aggiunta di coccole. È poco etico per un medico professionista? Certo. Tor è davvero innamorato? Chi lo sa. “Sto dando segnali sbagliati?”, chiede a Marianne. Lei, invece, si chiede se sia il caso di continuare a incontrare Ole, visto che questo la costringerebbe ad assumersi la responsabilità delle sue figlie.
Questo desiderio di riscrivere il copione del dating, senza tuttavia rompere con gli standard etero-normativi, è ciò che fa e disfa il film. Love si sforza di essere audace e Haugerud può anche provarci, ma non riesce a tracciare un nuovo territorio. Ogni tentativo di oltrepassare i limiti viene rapidamente smorzato dall'idea che si prospera meglio in una relazione tradizionale. È un'idea che ironicamente affronta con l'amica di Marianne, Heidi (Marte Engebrigtsen), che sta cercando di organizzare un tour a piedi della città intersezionale, inclusivo e contro-storico, ma che deride Marianne quando le racconta della sua notte con uno sconosciuto. “Sei passata direttamente da Ole a lui?”, le chiede sbalordita.
Una delle scene più forti è quella in cui Marianne si scrolla giustamente di dosso ogni presunta responsabilità nei confronti di uno dei due uomini. Ma non si tratta di una violazione delle norme. Abbiamo visto il “sesso”, abbiamo visto l'“amore”, ma dobbiamo ancora assistere a ciò che Haugerud “sogna” per il suo gran finale.
Love è prodotto dalla norvegese Motlys ed è venduto nel mondo da m-appeal.
(Tradotto dall'inglese)
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