LOCARNO 2025 Cineasti del Presente
Recensione: Don't Let the Sun
- Il film di Jacqueline Zünd racconta un futuro distopico, bruciato dal sole, in cui isolamento e speranza si intrecciano; silenzi e immagini si fanno voce di una storia intensa e inquietante

La documentarista svizzera Jacqueline Zünd approda al concorso Cineasti del presente del Locarno Film Festival con il suo primo film di finzione, Don't Let the Sun [+leggi anche:
intervista: Jacqueline Zünd
scheda film], candidato anche al Pardo Verde WWF, premio assegnato al film che meglio riflette un tema ambientale, e candidato allo Swatch First Feature Award. La trama fonde due elementi estremamente originali in un'unica trama: Jonah (Levan Gelbakhiani) è un tipo particolare di attore che offre conforto agli sconosciuti fingendo di essere uno dei loro cari in un mondo in cui, a causa del crescente calore del sole, le persone vivono la loro vita di notte.
Ambientato in una città desolata e futuristica senza nome, il film sfrutta l'isolamento causato dalla crisi climatica (che ricorda le conseguenze del lockdown per il Covid, mescolato ai disastri naturali contemporanei che affollano i notiziari) per creare una storia molto intima sulla genitorialità e la speranza per il futuro, nonostante l'ambientazione cupa. Curiosamente, i servizi offerti da Jonah sono arrivati a Zünd (che ha scritto la sceneggiatura insieme ad Arne Kohlweyer) durante le riprese del suo documentario Almost There [+leggi anche:
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scheda film] in Giappone, dove ha trovato un'agenzia che offre attori professionisti in grado di interpretare qualsiasi ruolo, come il migliore amico, il marito, la figlia o persino i partecipanti a un funerale. In Don't Let the Sun, la piccola Nika (interpretata dalla convincentissima Maria Pia Pepe), 9 anni, segna un punto di svolta nel lavoro relativamente stabile di Jonah. Man mano che i due imparano a conoscersi meglio e la ragazza si apre con lui, trattandolo come una figura paterna, Jonah scopre un nuovo lato di sé.
Il film usa il silenzio come potente strumento narrativo. La maggior parte delle scene presenta pochi o nessun dialogo e si affida principalmente all'atmosfera, generata da una miscela di immagini e suoni accuratamente scelti e sporadici (una menzione speciale va alla musica di Marcel Vaid). Il sole minaccioso, che ricorda quello di Sunshine [+leggi anche:
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intervista: AndrewMacdonald
intervista: Danny Boyle
scheda film] di Danny Boyle, seppur in condizioni molto diverse, è lo sfondo perfetto per una storia che offre salvezza e speranza, attraverso la delicata rappresentazione dei suoi personaggi. La fotografia polverosa, affidata a Nikolai von Graevenitz, contribuisce all'aspetto distopico generale, soprattutto nelle inquadrature ampie, e il "calore" si percepisce per tutto il film.
Don't Let the Sun è un chiaro esempio di film la cui finezza tecnica e l'interessante premessa narrativa riescono a salvare il risultato finale, che, con una certa delusione, appare un po' limitato rispetto al suo potenziale sulla carta. La sensazione è che manchi un tassello al puzzle (forse un pizzico di "ruvidezza" o, in un certo senso, di imperfezione avrebbe giovato), e l'approccio relativamente asciutto al rapporto tra i personaggi potrebbe non piacere a tutti. In altre parole, il film di Zünd potrebbe essere eccessivamente "perfetto" e mancare di spontaneità. Detto questo, il lungometraggio vanta una narrazione molto potente che dovrebbe attirare l'attenzione per la sua inventiva e freschezza in un mercato ipersaturo, e anche le sue qualità formali dovrebbero suscitare interesse.
Don’t Let the Sun è prodotto da Lomotion (Svizzera), in coproduzione con Casa Delle Visioni (Italia) e SRF - Schweizer Radio und Fernsehen (Svizzera). Le vendite mondiali sono a cura di Sideral Cinema.
(Tradotto dall'inglese)
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